Come differenziarsi dalla concorrenza?
“Ma io non ho niente di così speciale”. Se avessi un penny per ogni volta che ho sentito questa frase sarei ricca.
Allora, innanzitutto togliamoci l’ansia di dover essere i migliori. Non è necessario essere i migliori per riuscire a far funzionare il nostro biz.
In secondo luogo, “Ognuno di noi è unico e speciale”. Il percorso che ci ha portato a essere chi siamo oggi è nostro e solo nostro. Prova a vederla così: Prendi tutto quello che hai vissuto e ti porti dentro, quello che provi e pensi ora, e quello che immagini per il futuro. Scecchera bene tutto in un mixer e poi tira fuori il tuo cocktail. Scegli bene il bicchiere, la decorazione e la temperatura. E voilà la tua onlyness.
La tua onlyness va cercata in quel punto del mondo dove solo tu puoi stare, “that spot in the world only you stand in, a function of your distinct history and experiences, visions and hopes”. Una funzione della tua storia e delle tue esperienze, visioni e speranze.
Perché noi siamo anche le nostre storie, cosa ci capita ma anche come reagiamo a quello che ci capita, che riflessioni innesta, che cosa ci lascia e che azioni ci provoca.
Non devi portare nel tuo biz tutte le tue storie, così come non devi portarci tutta la tua vita, ma laddove intravedi un’utilità, la possibilità di un’empatia, un qualche impatto positivo sulla vita degli altri…bhè allora diventa bello raccontare le proprie storie.
Io racconto spesso, ad esempio, di quando lavoravo in agenzia di pubblicità e non trovavo riferimenti femminili a cui ispirarmi. La scelta sembrava essere carriera o famiglia.



Io avevo sempre desiderato una carriera nell’advertising. Già dal primo anno di università avevo iniziato a orientare lì il mio percorso di studi, con tanto di specializzazione a Brighton. Riuscire a entrare in una grande agenzia, nel 1998, per me fu motivo di grandissima felicità. Un dettaglio per farvi entrare ancora di più nella storia: a quello che sarebbe stato il mio futuro capo, per telefono, dopo il suo annuncio che avevano scelto me fra i vari candidati, sono riuscita a dire: “Oggi piove ma per me è come se ci fosse il sole” (!!). Ovviamente poi fui presa per il culo per il resto dei miei giorni. Giustamente, peraltro ;-). Nei primi anni riuscii anche a prendere una seconda laurea in Scienze della Comunicazione, cosa di cui vado parecchia fiera visti i litri di caffè, le notti a studiare, e le eterne discussioni con il mio fidanzato di allora che non capiva perché mi ostinassi a voler prender quel pezzo di carta visto che un lavoro l’avevo già trovato.
Ebbene, ci rimasi 7 anni in quell’agenzia e il lavoro mi piaceva un sacco. In quei 7 anni di agenzia ho imparato tantissimo. Lavoravo su un cliente automotive, i budget erano ancora altissimi e le produzioni davvero notevoli. Foto, Video, grafica a livelli assurdi.
E da Junior ero diventata Executive, e da Executive mi avevano promosso Senior. La Direzione Clienti era sempre più vicina ma nel frattempo le mie convinzioni erano andate via via vacillando.
In quegli ultimi anni avevo visto le lacrime di due donne.
Si erano dedicate al lavoro, ottenendo la dirigenza, ma la vita a un certo punto gli aveva sbattuto vistosamente in faccia l’evidenza della scelta sbagliata. Ho visto il mio capo esaurirsi giorno dopo giorno, fino a restare a casa a letto, ho visto le sue lacrime.
Ho visto anche una signora di 50 anni, dopo 30 anni dedicati interamente al successo di quell’agenzia, devota alla causa più che una perpetua, esser messa alla porta “grazie tante ma non ci servi più”. Ho visto anche le sue di lacrime.
Io volevo realizzarmi professionalmente, per me era importante, ma non volevo farlo a quel costo. Dovevo trovare un’altra strada.
Il giorno che sono salita dal mio capo a rassegnare le mie dimissioni avevo le idee spaventosamente chiare.
Spaventosamente perché è successo poi proprio così.
Dichiarai che sarei andata a lavorare tre anni in Comitato (Olimpico, per i Giochi Olimpici Invernali di Torino 2006). Sarebbe stata un’esperienza unica e bellissima. Dopodichè mi sarei dedicata alla famiglia che volevo costruire e avrei avviato un’attività per conto mio.
Quale attività, ai tempi ancora non lo sapevo. Dopo ancora tre anni negli eventi e dopo il mio matrimonio, è arrivata la mia risposta. Ed è stata il wedding planning.
Quando racconto questa storia, sono certa che molte altre donne possano riconoscere esperienze analoghe a quelle che ho vissuto io.
Credo anche che questa storia possa essere di ispirazione e motivazione per molte donne in difficoltà a conciliare il loro lavoro da dipendente in un ambiente altamente competitivo e demanding, con il ruolo di mamma e moglie.
Con questa storia racconto del mio primo grande amore per le arti/discipline della grafica, delle produzioni video e fotografiche, che mi sono portata dietro nella mia attività di wedding planning. E magari così facendo ti invito anche a riflettere su cosa potresti “portarti dietro” tu andando a ricoprire il ruolo di wedding planner con la tua visione e esperienza.
E poi con questa storia ti racconto dei miei valori (la famiglia, ad esempio) e qualcosa di più della mia personalità.
Ok quindi per chiudere, metti a tacere quella vocina che ti dice che non hai niente di speciale, e prova a cercare le tue storie. Sono già lì che aspettano.
Se vieni su Cheers! ti racconto anche altre due storie.
Bella la tua storia Monica, cosi vicina alla mia!!
che bello Delia le storie hanno il potere di unire…più di un ruolo, un lavoro o il possesso di qualcosa…. le storie ci parlano a un livello più profondo… 🙂